Parliamo molto di ascolto e partecipazione, queste
due parole sono tra quelle più utilizzate, soprattutto in occasione delle
campagne elettorali.
Io stesso ho fatto un ‘consumo intenso’ di questi
due termini che profumano di positività e, al tempo stesso, puzzano di promesse
non mantenute.
Non è semplice trasformare le parole in fatti, gli
esempi di programmi elettorali non realizzati sono moltissimi, non solo a
Cassina De’ Pecchi e non hanno tutti lo stesso colore politico.
In alcuni casi i cambiamenti del mercato,
dell’economia o dei bisogni, inducono l’amministratore a non mantenere alcuni
impegni presi o ad utilizzare le risorse
disponibili per la realizzazione di progetti che non facevano parte del
programma con il quale era stato eletto.
Credo che il problema principale non stia nella
necessità di cambiare le priorità o di non mantenere una parte degli impegni
presi, purché il cambiamento passi attraverso un processo che preveda ascolto e
partecipazione.
Il
processo di ascolto e partecipazione deve essere mantenuto sempre attivo: nella fase che precede le elezioni qualsiasi compagine che intenda
candidarsi ad amministrare il paese deve gettare le basi per un buon governo, costruendo insieme ai
cittadini un programma chiaro, concreto, realistico e basato sulla condivisione
delle priorità. Nel corso dei cinque anni in cui amministrano il paese, i
membri della giunta e tutti i consiglieri devono portare avanti il processo di
condivisione utilizzando gli strumenti già previsti dallo statuto comunale.
Uno di questi strumenti è il Consiglio Comunale che si riunisce ogni mese per discutere e
deliberare in merito al bilancio, al piano dello studio, alla gestione del
patrimonio pubblico, alla risoluzione di problemi contingenti e così via.
Purtroppo nella maggior parte dei casi queste riunioni, alle quali i cittadini
sono invitati a partecipare in forma passiva, diventano l’arena nella quale le
‘forze politiche’ mostrano i muscoli facendo muro contro muro in nome del
proprio ruolo di maggioranza o di opposizione. In questi casi non si
discute veramente dei bisogni e delle priorità della comunità ma si mette in
campo la propria ‘linea politica’, si richiamano gli articoli del regolamento
per fare vedere chi è più bravo a spuntarla sull’altro, si tira in lungo per
mettere in mostra la propria capacità oratoria, o per fare saltare l’ordine del
giorno, si alza la voce e ci si appella al fatto
personale. Nella maggior parte dei casi queste riunioni terminano in prossimità
dell’alba e i cittadini, oltre a non potere intervenire nel dibattito, si
sentono anche disincentivati a partecipare per ascoltare e informarsi. Come
cittadino mi aspetterei che i consiglieri comunali utilizzino altre occasioni
per combattere le loro battaglie di carattere ideologico e chiederei loro di
gestire le riunioni pubbliche con maggiore professionalità e, soprattutto, con
quella concretezza che meritano le discussioni e le decisioni che devono essere
prese per amministrare la comunità nell’interesse di tutti i cittadini.
Proporrei anche che i consiglieri stabiliscano tra loro un patto d’onore per
fare in modo che gli interventi siano brevi e focalizzati sul tema in
discussione, evitando tutte quelle furberie, escogitate con il conforto del
regolamento, che hanno lo scopo primario di mettere in cattiva luce
l’avversario politico. I cittadini non partecipano ai consigli comunali per
decidere chi votare la prossima volta, ma piuttosto per capire, ascoltare e
rafforzare la propria certezza che il
paese sia amministrato con l’obiettivo di lavorare per il bene della comunità e
non per imporre la linea politica di uno o più partiti.
Il secondo strumento è quello del Consiglio Comunale Aperto al quale
tutti i cittadini possono partecipare in maniera attiva, intervenendo per fare
domande o avanzare delle proposte. Questo è lo strumento attraverso il quale
chi governa può confrontarsi in maniera aperta, non solo con la minoranza
consiliare ma, soprattutto, con tutta la cittadinanza per rendere conto di
quanto sia stato fatto rispetto agli impegni presi e per discutere di eventuali
necessità di modificare una o più parti del programma.
La mia proposta è che si pianifichino dei Consigli Comunali Aperti con scadenza
trimestrale in modo da favorire l’organizzazione di confronti pubblici su alcune
tematiche specifiche: una volta si parla di servizi, un’altra si discute del
piano di diritto allo studio, poi di bilancio, di lavori pubblici, sicurezza e
viabilità.
Un terzo strumento è costituito dalle commissioni miste composte dai
cittadini e dagli amministratori. Queste commissioni avranno il compito di
lavorare su alcuni progetti di pubblico interesse per poi portare soluzioni e
proposte all’approvazione del Consiglio Comunale.
Nel mondo imprenditoriale i rapporti tra le parti sono
regolati attraverso la stipulazione di un contratto; i contraenti verificano
periodicamente lo stato di avanzamento dei lavori e, qualora in corso d’opera
subentri la necessità di cambiare alcuni contenuti o regole dell’accordo, ne
discutono e decidono insieme quali modifiche applicare.
Il
programma elettorale non rappresenta forse un contratto tra amministratori e
cittadini?